Erboristeria Milardo

carruba

Le innumerevoli proprietà del carrubo.

Introduzione

Carrubo pare derivare dall’arabo harrūba, che indica il frutto di Ceratonia siliqua L.; siliqua essendo il nome con cui lo di indicava in lingua latina. Il nome del genere invece deriva dal greco kerátiοn (da “Kéras”, corno). Ceratonia siliqua L. è un grande albero sempreverde, caratterizzato da una crescita lenta e da un periodo di fioritura prolungato; ha inoltre una grande longevità. Il carrubo censito più grande del mondo (altezza e circonferenza del tronco) si trova in Sicilia, esattamente a Rosolini, in provincia di Siracusa; la circonferenza e l’altezza misurano circa 11 metri e pare abbia dai 1700 ai 2000 anni. La longevità è probabilmente dovuta alla notevole resistenza alla siccità e alla salinità.

Descrizione botanica.

È spesso dato per scontato che tale pianta provenga dall’area mediterranea orientale, nonostante alcuni autori sostengono che l’albero del carrubo abbia origini arabe (Arabia meridionale). Questo è comprovato dal fatto che Ceratonia oreothauma ssp, l’unica specie conosciuta correlata al carrubo, ha probabilmente origini in Oman, nell’Arabia sudorientale, o in Somalia (Hillcoat et al., 1980). Un notevole studio paleoecologico rivela che le prime testimonianze sul carrubo risalgano al 45000 a.C. in quello che ora è Israele, insieme ad altre piante della macchia mediterranea: Quercus calliprinos, Pistacia palaestina, Styrax officinalis, Crataegus aronia, Prunus ursina, Pyrus syriaca, Amygdalus koschinskii, Ziziphus spp, Salvia fruticosa, Ballota udullata, Asphodelus microcarpus15.

Ceratonia siliqua L. appartiene alla famiglia Leguminosae e si trova abbondantemente nell’area mediterranea dove è considerata una componente importante della vegetazione per ragioni economiche ed ambientali. Il genere Ceratonia è rappresentato da una singola specie (siliqua), ma ha molte cultivar che variano nelle caratteristiche del seme e del frutto; 54 sono state osservate solo nel sud Italia. Uno dei motivi per cui tale specie è così longeva è da attribuire allo sviluppo di meccanismi di difesa evoluti per la sopravvivenza nel clima mediterraneo arido. Nelle condizioni di stress dovuti alla siccità, gli alberi possono prevenire la perdita di acqua grazie alla spiccata capacità delle radici e del tessuto vascolare della pianta di trasportare acqua al suo interno (conducibilità idrica radicale) e alla ridotta perdita di acqua delle foglie. La differenza nel bilancio idrico della pianta durante la bassa e l’alta disponibilità d’acqua non varia molto; nonostante la carenza di acqua, dunque, questo straordinario albero continua le sue attività fisiologiche. Questa pianta è specificamente xerofitica, ma può adattarsi anche a condizioni umide; è resistente alla siccità, ma sensibile alla neve e alla grandine. Gli alberi possiedono una radice molto profonda (16 m) e forte; le foglie sono 2 o 4 pennato-composte, coriacee, di forma ovata con margine ondulato, di 10-20 cm di lunghezza e 36.8 mm di larghezza; il colore è verde scuro sulla superficie inferiore e verde chiaro in quella superiore, con una tonalità talvolta rossastra.

I baccelli sono marroni con una superficie rugosa e diventano coriacei a maturazione. La polpa (90%) comprende uno strato esterno coriaceo (pericarpo) e una regione interna più morbida (mesocarpo). I semi (10%) sono posti nel baccello trasversalmente, separati dal mesocarpo.
La composizione della polpa dipende dalle cultivar, dall’origine e dal periodo di raccolta; ha un alto contenuto di zuccheri (48% -56%, principalmente saccarosio, glucosio e fruttosio). I baccelli maturi contengono anche una grande quantità di tannini condensati (16% -20% del peso secco). La pianta fiorisce in autunno (settembre-ottobre) e la fecondazione avviene in questo periodo; i fiori sono piccoli e numerosi, posizionati a spirale lungo l’asse di infiorescenza disposta a racemo; sono supportati da rametti o anche dal tronco (come il cavolfiore). L’impollinazione è anemofila ed entomofila. I fiori sono unisessuali o ermafroditi di colore verde; quelli maschi producono un aroma caratteristico, molto forte, simile a quello del liquido seminale umano e si sviluppano tra l’inizio della primavera e la fine dell’estate. Molto raramente sono stati trovati alberi monoici, il carrubo è principalmente una pianta dioica, per cui fiori maschili e femminili si trovano su alberi diversi. I fiori sono generalmente lunghi 5,2 mm e le infiorescenze 70,8 mm; ogni infiorescenza ha circa 35-40 fiori. Quelli su alberi maschi muoiono, mentre quelli femminili danno vita alla carruba: il frutto è una siliqua (il baccello dei legumi) di colore marrone scuro, allungato, schiacciato, rettilineo o curvo, largo da 20 a 35 mm e lungo circa 150 mm dallo spessore di 9-10 mm, contenenti da 8 a 12 semi appiattiti, di forma ovale e di colore marrone, con una larghezza che va da 5 a 7 mm ed una lunghezza di 9-10 mm; questi semi sono molto sottili, con uno spessore di 3-4 mm. I baccelli necessitano di un anno completo per svilupparsi ed arrivare a maturazione, praticamente fino alla successiva stagione di fioritura. I baccelli maturi infine cadono a terra e vengono mangiati da vari mammiferi, disperdendo così i semi (che non vengono digeriti interi).

Il carato

Carato deriva dalla parola greca “kerā́tion” (baccello del carrubo); è la misura di peso usata per i diamanti e le pietre preziose in genere. Per pesare i diamanti anticamente si utilizzavano i semi perché la loro massa sembra variare molto poco. Gli esperti che sceglievano i semi come pesi erano particolarmente preparati, riuscendo ad occhio a discriminare le differenze di peso fino al 5%. Uno studio dimostra che, in effetti, la differenza di massa dei semi di carrubo è facilmente rilevabile ad occhio nudo; è probabile poi che i semi erano facilmente disponibili in quel determinato luogo e tempo. È plausibile anche che i diamanti venissero scambiati in tempi antichi anche in Europa: ne sono stati trovati, insieme ai semi di carrubo, nell’antica Roma e persino nello Yemen datati al IV secolo a.C., sollevando così la possibilità di un’associazione veramente antica tra diamante e carrubo.

Usi medicinali e alimentari

I semi di carrubo sono normalmente sfruttati per la produzione di farina di carrube, dalle spiccate proprietà addensanti. Questa farina proviene dall’endosperma del seme ed è chimicamente un galattomannano. Viene aggiunta come addensante, stabilizzante o come aroma negli alimenti; oltre all’industria alimentare è ampiamente utilizzata per scopi farmaceutici, in quanto utile nelle malattie gastrointestinali. Inoltre, viene sfruttata come agente per il rilascio controllato di farmaci, anche in combinazione con altre molecole.
Recentemente alcuni ricercatori si sono concentrati sulla valorizzazione dei baccelli perché sono un’ottima fonte di composti bioattivi (come la fibra alimentare, i polifenoli e i ciclitoli) e contengono una bassa quantità di grasso. Ma già Castore Durante le adoperava fresche come lassativo, impiegato molto anche negli animali, e secche: “sono più utili allo stomaco: provocano l’orina … la decozione bevuta mirabilmente giova alla tosse per la dolce, e melliflua sostanza loro. Mangiate le silique dopo cena, fortificano lo stomaco e aiutano la digestione”. Tradizionalmente sono anche state adoperate per curare la diarrea e per problemi digestivi (oltre al frutto, anche il decotto delle foglie).

Negli ultimi due decenni, numerosi studi hanno dimostrato interessanti risultati sulla bioattività dei costituenti della polpa di carruba: la fibra, i ciclitoli, i polifenoli e i tannini hanno attirato l’attenzione scientifica. Questi composti bioattivi sono stati legati agli effetti salutistici della carruba in diverse aree terapeutiche, tra cui nel cancro, come anti-diabete, come anti-diarrea e per ridurre i lipidi nel sangue. Un estratto grezzo del baccello ha mostrato proprietà antiossidanti superiori a certi polifenoli noti come la catechina, la quercetina e l’acido gallico, grazie della presenza di carotenoidi quali luteina, licopene, α-carotene e β-carotene. I baccelli contengono dunque quercetina, catechina e epicatechina gallato, acido gallico, acido ellagico e antocianine come proantocianidine ed ellagitannini, nonché epigallocatechina gallato. Avallone et al. hanno rivelato che l’estratto di baccello di carrubo può essere utilizzato come un prodotto naturale con effetti ansiolitici-sedativi e come agente chemopreventivo, ma queste sono soltanto ipotesi preliminari. La presenza di acido gallico, epigallocatechina-3-gallato e epicatechina-3-gallato certamente aumentano gli effetti antiproliferativi in ​​vitro. L’estratto pare avere anche un potere antiossidante equivalente al tè, ma senza gli effetti stimolanti della caffeina e della teofillina.

A seguito di una richiesta della Commissione europea, il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sugli additivi alimentari e le sostanze nutritive aggiunte al cibo fornisce un parere scientifico relativo alla sicurezza della farina di semi di carrube (E 410) come additivo alimentare; un documento pubblicato il 20 gennaio 2017. L’additivo E410 è autorizzato nell’Unione Europea e, come specificato nel regolamento (UE) n. 231/2012 della Commissione, deriva dall’endosperma dei semi di Ceratonia siliqua (L.) Taub. La dose giornaliera accettabile “non specificata” è stata assegnata dall’unione di due organizzazioni “Food and Agriculture Organization”‎/”World Health Organization Expert Committee on Food Additives” (JECFA) nel 1981. Sebbene non valutato dal comitato scientifico per l’alimentazione (SCF), viene accettato nel 1991 per l’utilizzo in alimenti per lo svezzamento e, nel 1994, in formule per neonati per scopi medicinali. Questa farina non viene digerita bensì fermentata in maniera significativa dai batteri enterici degli esseri umani. Non sono stati riportati effetti avversi negli studi clinici, durati 90 giorni, per quanto riguarda la tossicità e la cancerogenicità in roditori a dosi elevate. Il gruppo di esperti ha concluso che non esiste alcuna necessità di una dose giornaliera accettabile numerica e che non esiste preoccupazione di sicurezza per la popolazione. Tuttavia, i neonati e i bambini possono mostrare una maggiore suscettibilità agli effetti gastrointestinali, a causa della loro condizione di salute. Il gruppo di esperti conclude che i dati disponibili non consentono un’adeguata valutazione della sicurezza della farina di semi di carrube (E 410) in alimenti o farmaci per neonati e bambini.

Da mettere in evidenza vi è un fatto: a causa dell’origine vegetale e della natura polisaccaridica, il problema principale che ha messo in dubbio la sicurezza della farina di semi consiste nel fatto che essa può diventare un possibile substrato di contaminazione microbiologica, promuovendo lo sviluppo batteri e funghi, sia in fase di crescita che di stoccaggio. Quest’ultima è stata recentemente dimostrata dalle contaminazioni di micotossine: i controlli infatti si sono irrobustiti. Comunque, è importante sapere che il principio guida per contenere i livelli di contaminazione è quello di adottare un approccio cosiddetto “olistico”, vale a dire una associazione di azioni concertate lungo tutta la filiera agro-alimentare, “dal campo alla tavola”. La produzione di aflatossine può avvenire sia in campo che durante le fasi di stoccaggio e dopo il raccolto.

In una recente ricerca la farina di carruba è stata utilizzata per sostituire la farina di riso in torte e biscotti senza glutine, il che aumenta la viscosità e l’elasticità dell’impasto della torta e genera così una più forte interazione tra gli ingredienti. Peraltro, alcune farine messe in commercio subiscono lavorazioni come la torrefazione: questa diminuirebbe la presenza di micotossine22, ma per la totale denaturazione sarebbero necessarie temperature più alte che a loro volta però altererebbero le caratteristiche organolettiche.

Una recentissima rivisitazione sistematica sui disordini gastrointestinali di bambini ed adolescenti ha evidenziato l’efficacia di alcune piante medicinali, tra cui la carruba, nel trattamento della diarrea; da sottolineare peraltro che non sono stati riportati eventi avversi gravi20. I risultati sono chiaramente da interpretare con attenzione, ma possiamo dire che l’utilizzo tradizionale del carrubo come antidiarroico è stato rafforzato anche da studi clinici.

Qualche evidenza sembra esserci anche nel trattamento del reflusso. Una rivisitazione sistematica della Cochrane Collaboration però la smentisce, evidenziando un piccolo studio in cui non sembra esserci alcun beneficio sulla frequenza del rigurgito dopo il trattamento con cisapride versus nessun trattamento, versus farina di carruba e versus sciroppo di mais21.

Un recentissimo studio mette in risalto gli effetti della carruba come antidiarroico, antitussivo e contro le verruche24. Owen et al. hanno identificato polifenoli come tannini, favonoidi (26%) e acidi fenolici (come acido gallico, acido cinnamico e acido p-cumarico), favoni glicosidici (come Quercetina-3-O-a-L-ramnopyranoside) e idrossitirosolo; inoltre, la polpa è anche ricca di elettroliti come potassio, sodio, ferro, rame, manganese e zinco25. Da sottolineare è il fatto che i polifenoli possono combinarsi con altri ingredienti alimentari come gli zuccheri, i lipidi e le fibre, riducendo o migliorandone la biodisponibilità, la quale rappresenta una delle principali discrepanze tra studi in vivo e in vitro.

Un trattamento sicuro, rapido ed efficace per alleviare la diarrea nei bambini consiste, secondo uno studio, in un estratto di foglie ricco di gliconutrienti dalla funzione prebiotica, con la conseguente inibizione della crescita eccessiva di batteri patogeni23.

Un recentissimo studio dimostra le proprietà ipoglicemiche di un estratto di carruba, evidenziando il suo potenziale ruolo nei pazienti diabetici16

La presenza di d-pinitolo potrebbe essere responsabile degli effetti anti-diabetici in quanto regola il livello di zuccheri nel sangue in pazienti con diabete mellito di tipo II (aumentando la sensibilità all’insulina)18. Alcuni autori hanno mostrato che il d-pinitolo aumenta l’assorbimento del glucosio in linee cellulari muscolari, suggerendo il suo coinvolgimento nel pathway metabolico del glucosio nei muscoli, piuttosto che il miglioramento dell’azione dell’insulina19.

Novità in cosmesi

Uno studio clinico è stato condotto utilizzando 20 volontari per valutare l’efficacia di un estratto metanolico di foglia, corteccia e frutto di Ceratonia siliqua nella depigmentazione cutanea. I risultati clinici hanno mostrato, dopo 28 giorni di applicazione, un miglioramento del tono della pelle che appare uniforme in seguito a pigmentazione indotta da UV al 3%. Lo studio conclude che il campione, inoltre, non è irritante26.

Un polimero estratto dai semi della Carruba, caratterizzato da una frazione altamente purificata del galattomananno derivato dai semi, possiede una considerevole attività idratante e anti-rughe: un estratto vegetale come possibile alternativa all’acido ialuronico e al collagene.

Sicurezza e tossicità

Le reazioni allergiche (rinite, asma, reazioni cutanee) dovute all’ingestioni di prodotti contenenti derivati della carruba sono rare e non letali. La farina di semi di carruba ha dimostrato di avere una tossicità molto bassa in studi preclinici, dovuta principalmente alla natura indigeribile dei polisaccaridi di cui è composta. La biodisponibilità sistemica è dunque trascurabile; è stato dimostrato che una dose terapeutica standard di 0,5 g / 100 ml in formule infantili conferisce un margine di sicurezza sufficiente. La farina di semi, inoltre, non è stata associata ad effetti tossici o avversi nei neonati a lungo termine, mentre sono riportati casi limitati di possibili effetti negativi nei bambini (nati con parto prematuro) che ricevono in modo inopportuno l’addensante. Complessivamente, conclude un recente articolo pubblicato nel 2014, la farina di semi di carrubo è sicura per l’uso terapeutico previsto nei neonati, anche a lungo termine, per trattare il reflusso non complicato sin dalla nascita9.

Autore: Fabio Milardo

Rivista L’Erborista n° 8 Mese Ottobre 2017

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